“Aver mandato a processo innocenti, volendo usare un eufemismo, è stata una vera ingiustizia. E qui non si è trattato di un errore giudiziario ma di un orrore giudiziario. Vi chiediamo di affermare la responsabilità degli imputati condannandoli alle pene chieste dalla procura generale e a risarcire le parti civili la somma di 6 milioni di euro per Gaetano Scotto e 10 milioni per Gaetano Giuseppe Gambino”. Lo ha detto nella sua arringa, nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio, l’avvocato Giuseppe Dacquì, legale di parte civile, difensore di Gaetano Giuseppe Gambino e, in sostituzione dell’avvocato Giuseppe Scozzola, anche di Gaetano Scotto, due degli imputati che furono condannati a seguito delle dichiarazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino per la strage di via D’Amelio e poi assolti nel processo di revisione.
“Sono stati scelti, tutt’ora non sappiamo se a sorteggio o attraverso quale arcano meccanismo – ha continuato l’avvocato Dacquì – sette esseri umani, più o meno mafiosi, più o meno delinquenti, ma comunque in questo caso innocenti, per giustiziarli in maniera cinica e spietata. E’ stato inganno o qualcosa di più di un inganno? Una verità insabbiata. Un depistaggio che non ha eguali. Un depistaggio che segna tutt’ora la storia repubblicana del nostro Paese. Tutto era manomesso. Vincenzo Scarantino era un pupo che recitava a soggetto. Gli elementi di questo processo inducono a ritenere che ci fosse la consapevolezza da parte degli imputati e che la loro condotta portava ad agevolare Cosa Nostra”.
“Hanno affossato le indagini per allontanare dalla verità. Se hanno agito per carriera, se hanno agito per denaro, o altri fini, a noi poco importa poiché comunque gli imputati hanno scelto di agire per ottenere il risultato, accettando il rischio di agevolare la mafia o i concorrenti, seppur esterni, al delitto di strage” ha concluso il legale.